A cura di Angelo Meda, Responsabile Azionario di Banor
Contraddizioni. Dal vocabolario: opposizioni, contrasti derivanti da incoerenza o inconciliabilità
In questo momento ne vediamo tante, segno di pensieri diversi sul mercato, ma non ancora sufficienti per cambiare lo scenario.
Gli Stati Uniti sono il Paese delle contraddizioni: la ricerca medica è all’avanguardia, ma non è accessibile a tanti. Non si può bere fino ai 21 anni, ma ci si può arruolare nell’esercito a 18. Si può acquistare un’arma al supermercato, ma per bere una birra in un parco serve un sacchetto che copra l’etichetta. O se volete cercare le più strane leggi ancora in vigore, in Utah è illegale andare in giro con un violino dentro ad un sacchetto o in Kansas è illegale servire il vino nelle tazze da tè.
Anche nei dati macroeconomici abbiamo delle contraddizioni: il numero di posti di lavoro creati a febbraio è stato di 275.000, molto sopra le attese di 200.000. Nel frattempo, il numero di gennaio è stato rivisto al ribasso da 353.000 a 229.000, ovvero il 35% in meno. È come se una società comunicasse gli utili trimestrali e dopo un mese facesse una correzione tagliandone un terzo e scusandosi per l’errore di calcolo. Qualcosa di simile è successo a Lyft il 13 febbraio scorso che, “sbagliando i calcoli”, ha comunicato un rialzo atteso dei profitti per il 2024 di 500 punti base invece che di 50. Il titolo era schizzato del 67% nella mezz’ora successiva alla comunicazione, per poi ripiegare a un più modesto +12%. Nel Paese degli avvocati sono già fioccate le class action per chiedere i danni.
Ci chiediamo quindi se valga la pena commentare dei dati macroeconomici che vengono poi rivisti in modo significativo dopo un mese. Questo film si ripeterà questa settimana con i dati sull’inflazione, storicamente meno soggetti a revisioni, ma la cui modalità di calcolo (soprattutto della componente relativa agli immobili, misurata in modo differente tra USA ed Europa) lascia dubbi tra gli operatori. Ci troveremo quindi a guardare se il +3,1% anno su anno (+3,7% escluse le componenti food&energy) è sufficiente per la narrativa di rientro dall’inflazione o se ci saranno nuovi timori di fiammate.
Viste le difficoltà nell’analisi vale più la pena probabilmente analizzarne il trend, più che il dato puntuale: è più importante quindi identificare se siamo in un percorso di rientro adeguato, in termini di rapidità e magnitudo, oppure se la strada rimane lunga, richiedendo tassi elevati per più tempo. Da questo lato, la strada è sicuramente più lunga di quanto ci aspettavamo poco più di un mese fa: da una previsione di 6/7 tagli dei tassi da parte della FED siamo scesi a 3/4. Ma l’evento più importante sarà allora il 20 marzo, con il meeting della FED, dove non ci saranno tagli ma capiremo se si vorrà dare un’indicazione della tempistica (come fatto dalla BCE poche settimane fa, ipotizzando giugno) o meno.
Nel frattempo, oltre alle Borse che vengono spinte dalla tenuta dell’economia USA e da alcuni temi come l’intelligenza artificiale, assistiamo ai record storici dell’Oro. Qualcosa di controintuitivo e in contraddizione con i dati se notiamo che i tassi reali non sono scesi, che l’inflazione sembra destinata a rientrare (seppur più lentamente del previsto) e che i rischi geopolitici, pur rimanendo tanti ed elevati, non hanno avuto evoluzioni particolari. La giustificazione viene trovata negli acquisti della Banca Popolare Cinese (una media di 20 tonnellate al mese nel corso degli ultimi 15 mesi), impaurita dalle discussioni sul blocco delle riserve russe in giro per il mondo. Questa volontà di diversificare le riserve, in termini di posizionamento e attività, dimostra come i flussi in acquisto/vendita siano la cosa che sta impattando tutti i mercati, molto più che i fondamentali.
In questi momenti, basta un soffio contrario per far cambiare il vento e causare turbolenze. Lo abbiamo visto nella giornata di venerdì, quando un titolo ormai pesante negli indici come Nvidia è passato da un massimo storico di 974$ alla chiusura di 875$, 200 miliardi di dollari in meno di valutazione nell’arco di poco più di 6 ore. È l’inizio di un cambio di paradigma sul mercato o solamente una folata improvvisa? Difficile da dire, ma con i buyback che andranno in attesa (la normativa USA prevede lo stop due settimane prima della chiusura del trimestre fino alle 48 successive al rilascio degli utili per evitare manipolazioni da parte della società) e con le Banche Centrali che torneranno protagoniste è lecito aspettarsi dei vuoti d’aria, anche se per cambiare la tendenza di fondo rialzista serve qualcosa di più significativo, che al momento non si vede all’orizzonte ma che potrebbe avvicinarsi rapidamente.
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