A cura di Angelo Meda, Responsabile Azionario di Banor

Pennsylvania

Tratteniamo il fiato.


Probabilmente l’attrazione più importante della Pennsylvania è la scalinata di Rocky Balboa: è un must per un turista che visita Philadelphia percorrere i settantadue gradini di pietra apparsa in quasi tutti i film della serie, ad eccezione di Rocky IV.

Ogni quattro anni ci prepariamo per lo show delle elezioni americane e mai come quest’anno saranno pochi Stati a deciderne l’esito. In particolare, la Pennsylvania sembra quella che determinerà le sorti dei due candidati: lo Stato assegna infatti diciannove grandi elettori ed è un crocevia per l’elezione. Sarà un caso, ma l’indirizzo della Casa Bianca a Washington DC è proprio 1600 Pennsylvania Avenue…

 

I sondaggi nei sette Stati chiave sono estremamente vicini


Fonte: Real Clear Politics, Bloomberg, Kepler Cheuvreux

 

Nelle ultime settimane una combinazione di dati economici forti (il numero di posti di lavoro in particolare), il programma di stimolo cinese, le tensioni geopolitiche sul prezzo del petrolio e un riavvicinamento di Trump nei sondaggi (al momento i mercati delle scommesse danno Trump vincente al 52-54% contro il 45% di inizio ottobre) hanno portato a un dollaro forte, con i mercati che hanno ruotato leggermente in favore di settori più ciclici e value, grazie anche a un rialzo del tasso decennale USA. Anche l’ultimo dato sull’inflazione della scorsa settimana ha contribuito a questa narrativa: il dato è uscito di 0,1% superiore alle stime di consensus e ha interrotto un trend di calo dell’inflazione core in atto da settembre 2022.

I mercati quindi al momento si sono stabilizzati con la barra al centro in termini di posizionamento sui temi chiave (inflazione vs disinflazione, growth vs value, repubblicani vs democratici, …), ma l’attesa sarà tutta per il 5 novembre: indipendentemente da chi vincerà, si dovrà comunque tornare alla normalità rispetto alle promesse elettorali e ogni momento di volatilità dovrà essere sfruttato per cogliere le occasioni migliori. Anche perché la storia degli ultimi anni ha dimostrato che le grandi differenze in campagna elettorale sfumano nel momento in cui il nuovo eletto si siede al governo: ad esempio, Trump ha imposto i dazi sui prodotti cinesi nel 2018 e Biden li ha addirittura alzati nell’ultimo anno.

Nel frattempo inizia la stagione degli utili, con aspettative che sono state riviste al ribasso un po’ in tutte le aree (+6% l’utile atteso in USA per l’indice S&P500 nel trimestre) in modo da non creare eccessive delusioni, ma le attese sul 2025 ci sembrano troppo ottimistiche date tutte le incertezze in arrivo. Alcuni settori hanno già iniziato a soffrire tutti questi venti contrari (quello delle auto in primis) e servirà probabilmente un reset delle aspettative per poter ripartire in modo più costante. Abbiamo avuto già un antipasto delle trimestrali, con alcune banche nazionali (JPMorgan e Wells Fargo) che hanno battuto agevolmente le stime, grazie a tassi che sono rimasti alti più tempo del previsto e ad un’economia che mostra una resilienza che va ben oltre i libri di macroeconomia classici, spinta ancora da un consumatore che non dà segni di sofferenza.

Le ultime due reporting season hanno visto l’indice americano rimanere costante ma con forti movimenti al suo interno. È lecito attendersi qualcosa di simile per le prossime due settimane, quando ci si concentrerà per commentare i dati delle singole aziende e per estrapolare alcuni trend comuni. Apple sarà l’ultima delle grandi aziende che capitalizzano sopra il trilione di dollari a riportare i risultati il 31 ottobre prossimo, poi potremo sederci ad aspettare il grande show del 5 novembre.


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