A cura di Luca Riboldi, Direttore Investimenti di Banor
MERCATO AZIONARIO
Durante il mese di novembre ed inizio dicembre i mercati azionari USA ed europeo sono saliti molto rapidamente grazie ad un forte ribasso dei tassi d’interesse reali, guidato dall’evidenza di un rallentamento economico che sta portando l’inflazione velocemente sotto il 3% e verso l’obiettivo di lungo termine del 2%. Il ribasso del rendimento del Treasury a 10 anni, passato dal 5% di ottobre al 4% di inizio dicembre, unitamente al rialzo del mercato azionario americano, che è vicinissimo al massimo storico di gennaio 2022, ha reso le così dette “financial condition” meno restrittive.
Per questo motivo ci aspettiamo che la Fed sarà molto cauta prima di abbassare i tassi, considerando anche che nel terzo trimestre 2023 il GDP USA è salito del 5%. Ci sembra dunque prematuro un ribasso dei tassi a marzo 2024, come oggi sconta il mercato. Il prossimo anno ci saranno le elezioni presidenziali americane, per cui è probabile che il governo mantenga una politica fiscale espansiva spingendo il deficit al 7% del GDP e questo aiuterà a sostenere la crescita economica almeno nella prima parte dell’anno.
Per il 2024 il mercato sconta un soft landing con PIL USA che rimane sopra l’1,5% di crescita nei prossimi trimestri, grazie alla tenuta dei consumatori più che alla parte industriale/corporate. Il rischio maggiore di una recessione potrebbe arrivare da una forte frenata del mercato del lavoro nella seconda metà del 2024. Da ora in poi crediamo che ulteriori discese dei tassi d’interesse non siano favorevoli ai mercati azionari – come è appena stato il caso a novembre e dicembre – in quanto sconterebbero un rallentamento della crescita economica che impatterebbe i profitti.
Per i primi mesi del 2024 pensiamo prevarranno dati economici positivi che faranno risalire o non scendere più di tanto i tassi, ma con il passare dei mesi il mercato del lavoro dovrebbe peggiorare spingendo l’economia in recessione. Data la matrice Inflazione/Tassi reali (attualmente 2,2% e 1,8%), il P/E corretto del mercato USA dovrebbe essere 18.5x (4500 di indice S&P500 sugli utili 2024 attesi dal consensus pari a 244 dollari).
Il margine di sicurezza in alcuni settori è risicato, quindi prudenza sull’azionario USA facendo focus sullo stock picking, anche perché il premio al rischio per detenere azioni USA è oggi nella parte bassa del range storico (2,5% rispetto al 4% medio di lungo periodo).
L’Europa continua a trattare a forte sconto rispetto al mercato americano. Nello stesso settore spesso le aziende USA trattano a multipli che sono pari a 2 o 3 volte i multipli di quelle europee. Per non parlare delle small cap, specialmente in Italia, che a causa dei continui deflussi dai fondi PIR hanno raggiunto prezzi da saldo.
Nei Mercati Emergenti continua l’ottimo momentum dell’India, dove però le valutazioni sono oggi molto gonfiate, al contrario della Cina, dove le valutazioni sono basse, ma con una forte incertezza economica causata da un mercato immobiliare in piena crisi. Xi Jinping dovrebbe stimolare i consumi interni attraverso una serie di riforme, invece che continuare a spendere in infrastrutture, se volesse veramente rilanciare la crescita economica.
Nel resto del mondo il Brasile sta procedendo bene, mentre la vicina Argentina dopo 50 anni di peronismo sta provando ad uscire dalla forte crisi economica con la ricetta ultra liberista del nuovo presidente Milei.
La geopolitica rimane il tail risk principale, specialmente se il conflitto tra Israele e Hamas dovesse allargarsi: con la volatilità così bassa ha senso utilizzare strategie di copertura.
MERCATO OBBLIGAZIONARIO
Per quanto riguarda il mercato obbligazionario i titoli a lunga scadenza rimangono ancora interessanti dato lo scenario di rallentamento macroeconomico, ma gran parte del rialzo è stato probabilmente realizzato nelle ultime sei settimane. Se dovesse arrivare la recessione allora ci sarà spazio per ulteriori discese dei tassi a lungo, con le Banche Centrali che taglierebbero aggressivamente i tassi a breve. Forse le scadenze a 3/4 anni sono oggi le migliori, fino a quando non si vedrà un deciso indebolimento del mercato del lavoro e a quel punto converrà allungare la duration.
Rimane comunque la spada di Damocle di governi che hanno deficit e debiti pubblici molto elevati in un periodo di pace (almeno in Occidente) e piena occupazione. È quindi probabile che la domanda crescente di finanziamento da parte dei governi farà concorrenza alla domanda privata, che sarà costretta a pagare più caro che in passato il denaro. Lato corporate sottolineiamo l’importanza della selezione dei singoli titoli in quanto gli spread globali non sono particolarmente elevati, ma esistono ancora interessanti occasioni in alcuni segmenti.
Infine il 2024 dovrebbe essere l’anno in cui la Banca Centrale giapponese abbandonerà il controllo dei tassi d’interesse decennali, causando un apprezzamento dello Yen giapponese che farebbe rimpatriare molti capitali nipponici investiti all’estero.
La forte concorrenza globale per fare sottoscrivere i titoli governativi manterrà i tassi d’interesse reali elevati in area 2% circa.
IL DOLLARO
È stato spinto in area 1,10 dal ribasso dei tassi USA. Per il momento non vediamo motivi per uscire dal trading range 1,05-1,10, ma nel medio periodo rimaniamo negativi con un valore di equilibrio in area 1,20.
IL PETROLIO
Spinto dalla geopolitica e dalla volontà OPEC-Russia di mantenere un prezzo elevato, si sta mantenendo sopra i 70 dollari; difficile pensare a prezzi in forte salita, visto il rallentamento economico in atto confermato dalla debolezza delle altre commodity e dall’aumento della produzione USA/Venezuela. Tail risk principale sarebbe un eventuale ingresso nel conflitto arabo dell’Iran che farebbe schizzare all’insù il prezzo del barile.
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