A cura di Angelo Meda, Responsabile Azionario di Banor
Punta-tacco: un’abilità importante anche per i banchieri centrali, non solo per i piloti
Una rara ma possibile differente spinta tra le due sponde dell’oceano.
Un rapido tocco sull’acceleratore appena si rilascia la frizione rende tutto liscio come il burro. Tuttavia, è difficile farlo mentre si frena perché il piede sinistro aziona la frizione e quello destro spinge il freno. È un’abilità difficile da padroneggiare ma essenziale per guidare in pista una macchina con il cambio manuale; tutto ciò permette di impostare la curva nella maniera più efficace possibile, dando equilibrio e stabilità all’auto.
Lo stesso vale per i banchieri centrali: in una fase di rallentamento dell’economia causato dal rialzo dei tassi, necessario per riportare l’inflazione sotto controllo, serve dosare freno e acceleratore per evitare che ci siano disequilibri economici che possano portare a frenate eccessive (si ricorda il 1929, quando la banca centrale americana tenne i tassi al 20% fino al mese di giugno, causando una lunga crisi) oppure a ritorni di inflazione negli anni 1974-1975.
In questo momento stiamo vivendo una fase di equilibrio instabile: vediamo, da un lato, buoni numeri dai risultati aziendali (che in USA hanno battuto mediamente le stime del 5%, come nei quattro trimestri precedenti) e dai dati macroeconomici sulla crescita; dall’altro, i dati di inflazione sono ancora sopra gli obiettivi delle Banche Centrali, il mercato del lavoro mostra segnali di rallentamento e i tassi di interesse sono in aumento.
È allora qui che i banchieri centrali possono fare la differenza: non tanto con le loro azioni, ma con le loro parole. E Jerome Powell, il presidente della Fed, la scorsa settimana ha dato in pasto ai mercati quello che volevano sentirsi dire: intanto è stata tolta dal tavolo l’opzione di un rialzo dei tassi, qualcosa di poco probabile ma che con i dati di inflazione così elevati non ci si sentiva di escludere a priori. È stata confermata la visione di una inflazione che tornerà sotto controllo entro la fine dell’anno. E la ciliegina sulla torta è stata una riduzione del Quantitative Tightening, ovvero si acquisteranno un po’ più di Treasury man mano che andranno a scadenza, ovvero ci sarà un po’ più di liquidità nel sistema.
Soprattutto quest’ultima mossa è stata interpretata in modo molto positivo dalle borse: la Fed non è quindi più reattiva, ma proattiva. Vuole prevenire eventuali problemi sistemici causati da tassi che rimangono elevati per un periodo di tempo superiore rispetto alle aspettative, memore di quanto successo ad alcune banche regionali nel corso del 2023.
Possiamo quindi dire che Powell finora ha svolto correttamente il suo compito e si trova in testa alla corsa contro l’inflazione combinata a un rallentamento controllato dell’economia (il famoso “soft landing”). Adesso è il turno di Christine Lagarde. Per gli appassionati di Formula1 possiamo dire che stiamo correndo per la pole position con Powell sulla Red Bull e con Lagarde sulla meno prestazionale e più nervosa McLaren.
L’economia europea sta rallentando in modo più vistoso e dipende maggiormente dal commercio con l’estero: la BCE si trova quindi a dover usare molto di più pedali e volante per guidare l’economia al di fuori delle secche rispetto alla Fed. Potremmo quindi assistere a una rara divergenza tra le politiche monetarie nelle due sponde dell’Atlantico: c’era stato un assaggio inverso nel 2011 quando Trichet alzò i tassi per due volte, mentre la Fed li tenne fermi. In Europa questo fu una delle cause della crisi del debito sovrano e portò a una importante frenata dell’economia negli anni a venire.
I manuali accademici fanno pensare a un indebolimento dell’Euro e ad un’accelerazione dell’economia europea, ma sappiamo come i mercati siano pronti a scontare in anticipo le mosse dei banchieri e a guardare oltre, dove le nubi sono ancora presenti e fanno pensare che avremo un po’ più di volatilità da gestire in estate.
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