A cura di Luca Riboldi, Direttore Investimenti di Banor
Tendenze economiche globali: analisi e prospettive per USA, Europa, Cina e Italia
Dall’inizio del 2020, quando scoppiò la pandemia, l’indice azionario più importante del pianeta, l’S&P500, è salito del 62% nonostante avesse perso il 30% tra febbraio e marzo 2020: dai minimi toccati nel marzo 2020 l’indice è dunque più che raddoppiato. Nello stesso periodo il più importante indice cinese, lo Shanghai Composite, è rimasto invariato e l’indice europeo STOXX50 è salito poco meno del 30%. Ciò che colpisce è la differenza enorme tra la prima e la seconda economia del mondo.
AMERICA
Il principale driver del rialzo della borsa americana è stata la robusta crescita della sua economia, e di conseguenza degli utili aziendali, spinta da un forte aumento della spesa pubblica in tempi di Covid, ma anche dall’IRA (Inflation Reduction Act), che nel 2023 e 2024 ha spinto molte società, non solo americane, a fare importanti investimenti riportando così negli Stati Uniti molte produzioni fino a poco tempo fa delocalizzate all’estero, soprattutto in Cina. Basti pensare per esempio alle fabbriche di semiconduttori che diventano indispensabili allo sviluppo dell’intelligenza artificiale (AI), destinata ad acquisire un ruolo cruciale nell’ambito della competizione economica ma anche militare. Complessivamente tra il 2020 ed il 2024 il governo americano ha speso 7 trilioni di dollari.
Il rovescio della medaglia è stato un forte aumento del debito pubblico americano, salito dal 70% del GDP USA di circa 15 anni fa a oltre il 120% attuale, a cui si aggiunge l’incremento del costo del debito che, mentre nel periodo 2010/2021 era quasi a zero, dal 2022 deve fare i conti con la rapida salita dei tassi d’interesse arrivati oggi al 5% (5% a 2 anni e 4,6% a 10 anni). Gli elevati oneri finanziari che il governo USA si troverà dunque a pagare determinerà nei prossimi anni un importante incremento del deficit americano, aggravato dal fatto di non aver approfittato – come invece hanno fatto altri Paesi tra cui l’Italia – di tanti anni di tassi bassi per allungare la scadenza del debito pubblico.
Gli USA hanno avuto un deficit nel 2023 pari all’8% del GDP e si stima il 7% nel 2024, nonostante una forte crescita del GDP e un costo medio del debito pubblico ancora basso. Ciò significa che dal prossimo anno gli Stati Uniti avranno molto meno spazio per sostenere la crescita economica con la spesa pubblica e dunque, indipendentemente dalla vincita di Biden o Trump, gli americani chiederanno all’Europa di aumentare le spese per la difesa. Inoltre si apre il tema di chi finanzierà nei prossimi anni il debito pubblico americano considerando che:
- la Cina negli ultimi cinque anni ha ridotto significativamente gli investimenti in treasury, passando da 1,2 trilioni di dollari detenuti nel 2018 ai circa 800 miliardi di dollari attuali;
LE PARTECIPAZIONI DELLA CINA NEI TREASURY USA RAGGIUNGONO IL MINIMO DA 14 ANNI
Dati in miliardi di dollari. Fonte: CEIC, U.S. Department of the Treasury
- i treasury detenuti dalla Banca Centrale Russa sono stati congelati;
- probabilmente altri Paesi non allineati con le democrazie occidentali eviteranno di effettuare ulteriori acquisti;
- il Giappone, che detiene 1,2 trilioni di dollari, nei prossimi mesi dovrebbe uscire definitivamente dalla politica monetaria ultra espansiva, causando un deprezzamento dello Yen del 60% nei confronti del Dollaro. Se i tassi giapponesi dovessero risalire per arrestare la caduta della valuta, è molto probabile che gli investitori giapponesi (governo, fondi pensione, asset manager) venderanno gli asset detenuti in valute estere per investirli nella loro valuta, una delle più sottovalutate al mondo. Tutto ciò manterrà una pressione al rialzo sui tassi d’interesse reali dei governativi americani che già oggi hanno raggiunto i 220 punti base, a fronte di un’inflazione attesa per i prossimi dieci anni in area 2,5%, che porta quindi il rendimento del treasury a 10 anni in area 5%. È molto probabile che con questo costo del debito pubblico l’America sia costretta a rallentare la spesa pubblica o ad aumentare le tasse sulle aziende o sui privati, a meno che – come spesso suggerisce Ray Dalio – il governo americano scelga la via più facile e si rimetta a stampare dollari con i quali sottoscrivere il crescente debito, con la ovvia conseguenza di una svalutazione della valuta americana. Ma questo scenario è lontano nel tempo, certamente non prima dell’insediamento del prossimo presidente americano.
Indubbiamente i rendimenti delle obbligazioni governative americane, in questo momento, sono molto interessanti per chi investe e sono molto competitivi rispetto al mercato azionario. Il premio per il rischio di detenere azioni americane è il più basso da 22 anni (differenza tra earning yield dell’indice S&P500 e rendimento del treasury a 10 anni).
EUROPA E CINA
Situazione molto diversa in Europa (soprattutto nei titoli value e small cap) e in Cina, dove le valutazioni dei rispettivi mercati azionari rispetto a quello americano sono ai minimi degli ultimi 30 anni.
VALUTAZIONI IN EUROPA – CONFRONTO CON GLI USA
Fonte: Morgan Stanley
In un’ottica di medio termine (3 anni) molte azioni europee e cinesi hanno quotazioni che potrebbero facilmente salire di oltre il 50%. Nel breve termine il rischio è che arrivi verso la fine del 2024/inizio del 2025 una recessione in America, che è stata l’economia finora trainante, causando una recessione globale. Ci sono già molti segnali dietro le quinte di un indebolimento del mercato del lavoro e il tasso di risparmio è ai minimi degli ultimi anni. Se verrà meno, come è probabile, il sostegno della spesa pubblica, l’economia USA frenerà sostanzialmente. E dall’altra parte dell’oceano né l’Europa né la Cina hanno in programma massicci interventi di sostegno all’economia.
Dopo le elezioni europee, come suggerisce Mario Draghi, l’Europa potrebbe decidere un massiccio piano d’investimenti in settori strategici come il digitale, la transizione energetica e le nuove tecnologie (chip per intelligenza artificiale, ma anche cloud e materiali innovativi). Per questi motivi è probabile che nel breve periodo difficilmente le azioni europee e cinesi vadano troppo in controtendenza rispetto alla borsa USA. Ma nel medio termine possiamo essere molto fiduciosi, soprattutto se l’Europa cambierà passo, iniziando una competizione non intra UE (basti pensare al settore delle telecomunicazioni, dove ci sono 35 operatori di telefonia mobile europei) ma extra UE, creando campioni globali.
La Cina è una storia a sé, alla quale bisognerebbe dedicare molte pagine. Indubbiamente è l’unica economia globale che riesce a tenere testa a quella americana, ma per farlo finora ha finanziato la sua crescita grazie a vent’ anni di esportazioni galoppanti, diventando la fabbrica del mondo, e a enormi investimenti in infrastrutture. Nei prossimi mesi saremo invasi di prodotti cinesi a prezzi super competitivi (dalle auto elettriche alle pompe di calore, ai pannelli solari, alle batterie), che metteranno sotto forte pressione le industrie occidentali: in questo modo la Cina smaltirà l’enorme eccesso di capacità produttiva e di magazzini pieni.
Tra un anno però è molto probabile che sia gli USA che l’Europa mettano forti dazi alle importazioni cinesi, costringendo la Cina a puntare sulla crescita dei consumi interni, che oggi pesano solo per il 30% del proprio GDP rispetto all’80% del GPD USA dei consumi americani. Inoltre la competizione in Cina per le aziende occidentali sta diventando alquanto complessa: le carte di credito occidentali sono difficilmente accettate, i produttori locali di auto elettriche stanno mettendo a dura prova il successo di Tesla, molte industrie sono sussidiate dal governo e hanno margini così bassi da sbaragliare i concorrenti stranieri. Negli ultimi mesi diverse aziende italiane ed europee stanno infatti valutando di abbandonare il mercato cinese. Nel lungo termine riteniamo dunque molto interessante investire nel mercato azionario cinese.
ITALIA
L’Italia si trova in una posizione nettamente migliore rispetto a 15 anni fa, quando il sistema bancario era oberato di sofferenze sugli impieghi e aveva una bassissima redditività. Oggi le nostre grandi banche sono più solide che mai, la disoccupazione è molto bassa, il debito pubblico su GDP è stabile nonostante l’enorme buco del superbonus, il piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) sosterrà la crescita economica italiana fino al 2027 e lo spread BTP/BUND è ai minimi di sempre.
Nonostante questa positività le azioni Italiane hanno sottoperformato il resto dell’area euro del 60% dagli anni della grande crisi finanziaria (2008/2009). Moltissime piccole/medie aziende Italiane hanno valutazioni ai minimi di sempre, nonostante siano spesso leader o co-leader mondiali nei loro settori. Dagli USA molti gestori stanno cominciando a guardare con molto interesse queste aziende che quotano a multipli che sono meno della metà di quelle delle aziende USA. Si tratta solo di avere pazienza, ma senza dubbio i ritorni attesi sono molto interessanti.
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